Marina Schütz

L’artista svizzera Liz Gehrer … indaga il rapporto dell’Uomo col proprio ambiente, passando ai raggi X la rete dei rapporti interpersonali: in che modo l’ambiente ci modella? Libertà e vicinanza sociale possono coesistere? Vicinanza e protezione non sono forse dei limiti? Nelle relazioni siamo emozionali e vulnerabili, eppure esse ci danno forza ed energia. Ogni giorno dobbiamo confrontarci con innumerevoli notizie e immagini, per lo più di catastrofi e guerre. Come ci barcameniamo, lungo questo percorso a ostacoli fatto di partecipazione, impegno e autodifesa? Come rapportarsi coi temi dell’invecchiamento e della caducità, quando film e pubblicità ci rimandano immagini di persone sempre giovani, dinamiche e bellissime? Sono queste le domande esistenziali che Liz Gehrer approfondisce con la sua creatività.

Da anni lavora e sperimenta usando carta, cartone e ferro. Essendo tutti materiali d’uso e di recupero, hanno le caratteristiche ideali per rappresentare l’idea di percorso e caducità. Carta e cartone vengono tagliati in striscioline e impastati con la colla. Durante l’essiccamento il materiale che va indurendosi sviluppa una forza inaspettata e una sorprendente dinamicità intrinseca – in questo modo il cartone, irrigiditosi, ha già curvato la struttura di ferro. Morbido e duro – mutevole e stabile:  la realizzazione artistica dimostra la relatività e la reversibilità del significato. Le forze invisibili in azione diventano visibili risultando nella consapevolezza che non si può controllare tutto.

Le figure di Liz Gehrer sono formali, forti, astratte. Gigantesche silhouette, sottili e fragili, rispecchiano l’uomo esposto al mondo. Portano i segni di una vita vissuta: non superfici lisce, bensì solchi, strappi e colori. Da sole, a coppia o in gruppo si ergono nello spazio – come cloni – anche nelle versioni bronzee, che si differenziano appena dalle figure in cartone.

Una forte presenza irradia da queste figure, che veicolano un sentimento vivo, di prossimità e distanza, ma anche di sfumature e spazi intermedi.

Il tema dei collage di Liz Gehrer è l’influenza dei media e il quotidiano flusso di immagini che rimandano. In queste opere combina pezzi di cartelloni, giornali e pittura.

In “Mitsehen (II)” – “Intravedere distaccatamente II”, un‘opera di cartone in 18 pezzi, le immagini ritagliate sono molto ingrandite e i singoli soggetti appena riconoscibili, come da dietro un velo. La struttura, irritante e ripetitiva, di una tela si rivela, a un’osservazione più attenta, filo spinato da cui spuntano volti che sembrano osservare qualcosa che viene loro indicato o sono loro stessi. Gli straniamenti creano la distanza e acuiscono la percezione dello sguardo. Di fronte alle miserie umane in tutto il mondo, c’è bisogno di questo velo che crea distanza.

D’altra parte, però, non si può nemmeno negare questa realtà e ammutolire, come in “Ich höre das Schweigen” [“Sento il silenzio”] (2008, cartellone pubblicitario, acrilico). La gigantografia mostra il volto di una modella la cui bocca è tappata da una grossa banda bianca e nera, che si rivela formata da silhouette umane astratte.

Quello che Liz Gehrer vuol farci vedere è chiaro: noi vediamo e sentiamo, ma restiamo muti – la miseria ci ammutolisce.

Marina Schütz, storica dell’arte MA UZH, S. Gallo (2011)